A quelli che quando ammetti d’essere celiaco ti rispondono Vabè, ormai c’è tutto, non vi manca niente.
Cioè… ragazzi… no.
All’inizio sorridevo accettando la rassicurazione, ma via via diventava evidente che la cosa consolasse più loro che me. Non si sa bene per quale motivo, ma se qualcuno è malato negli altri, i sani, nasce una sorta di senso di colpa. Ma se questa malattia diventa sopportabile, il senso di colpa si affievolisce, e quindi Sì, sei malato, ma mica poi tanto?, ora cambiamo argomento?
Ho aperto questo blog proprio per dimostrare, attraverso aneddoti di vita quotidiana, quanto ci risultino difficoltose anche le cose più normali, come farsi portare una pizza a domicilio o uscire senza essere costretto a mangiare sempre patate fritte, o trovandosi fuori casa potersi fare un panino al primo alimentari perché non si ha avuto il tempo di pensare al pranzo. Sono piccole cose, ma che accumulate in un’intera vita aprono un fastidioso varco con chi vive normalmente.
Non mi permetto di fare comparazioni tra la celiachia e malattie ben più gravi, ma è un fatto che ci sono molte cose che noi celiaci non possiamo fare. A livello sociale, io mi sento un handicappato. Che la situazione sia molto migliorata rispetto a una decina di anni fa, e che ci siano sempre più rampe che abbattano le barriere architettoniche, non toglie che questo è un mondo fatto a scale.
E che l’Italia, in particolari modo, non è un paese per celiaci.
Edit: Quando ho scritto questo articolo ero ingenuamente convinto che le patate fritte fossero la mia salvezza fuori casa. Oggi so che invece sono quasi sempre contaminate, perché fritte nella stessa friggitrice in cui vengono preparate cotolette e altri cibi col glutine.
Insomma non ci rimangono manco le patate fritte!
Che amarezza!
Pingback: Il minuto d’odio | senzaglutine | Scoop.it()